“Ascoltare per capire”: intervista allo psicologo dell’Einstein, Matteo Fabris
In un ambiente scolastico sempre più frenetico e complesso, spesso capita che ragazze e ragazzi si trovino a convivere con disagi interiori senza riuscire a parlarne. Per questo motivo abbiamo deciso di intervistare lo psicologo della nostra scuola, Matteo Fabris. L’obiettivo non è solo quello di far conoscere la sua figura a tutti gli studenti, ma anche e soprattutto di sensibilizzare chi, pur vivendo momenti difficili, non trova il coraggio di chiedere aiuto.
Con questa intervista vogliamo offrire qualche spunto per riflettere su ciò che spesso resta nascosto, condividere strumenti utili per affrontare momenti difficili e invitare chi si sente in difficoltà a non restare solo.
Rivolgersi a uno psicologo non significa essere deboli, ma avere il coraggio di prendersi cura di sé.
Click
Buongiorno, dott. Fabris. Partiamo subito con chiederle di presentarsi e di raccontarci come è iniziata la sua carriera.
Psicologo
Certo. Mi chiamo Matteo Fabris, sono uno psicologo. La mia carriera è iniziata… bisognerebbe capire da dove.
Nel senso che la mia carriera universitaria è iniziata nel 2008, quando sono diventato uno studente della facoltà di psicologia dell’Università degli studi di Torino, ed è continuata fino a oggi, praticando sia l’attività di psicologo, ormai da quasi dieci anni, sia quella di ricercatore, sempre presso il dipartimento di psicologia dell’Università degli studi di Torino.
Click
Vorremmo capire meglio come ha lavorato all’interno della nostra scuola e come hanno reagito gli studenti ai suoi interventi.
Psicologo
Con l’Istituto Einstein collaboriamo ormai da tre anni, quindi per i primi due anni ho collaborato con la dirigente Ciotta, che mi ha accolto in questa scuola.
Abbiamo svolto diversi progetti. Il primo è stato sicuramente lo sportello d’ascolto, rivolto a studenti, ma anche al personale scolastico, compresi gli insegnanti e i genitori. Dopodiché abbiamo effettuato anche degli interventi nelle classi, su vari temi, dal tema dell’amore e della sessualità fino alla prevenzione del bullismo e alle relazioni tra compagni di classe.
Click
Può dire che si trova bene in questa scuola?
Psicologo
Io devo dire di sì: l’Einstein è una scuola molto grande, perché ci sono, mi sembra, 1500 studenti, quindi potete immaginare le richieste che arrivano ogni anno da parte di studenti, i loro genitori, ma anche dagli insegnanti. Però è una scuola che, secondo me, è molto bella, molto attiva, molto vivace. Ha i suoi gradi di complessità, naturalmente, ma quello vale per ogni scuola.
Quindi sì, posso dire che mi trovo molto bene, anche perché poi, essendo qui da tre anni, tante storie le ho conosciute, quindi qualcuno l’ho anche seguito nel suo percorso durante gli anni, e ho dei buoni rapporti anche con molti docenti, e questo è fondamentale.
Click
A questo punto le chiediamo se vuole dare qualche consiglio a qualche studente di questa scuola che volesse seguire le sue orme.
Psicologo
Per chi volesse diventare psicologo, suggerirei innanzitutto di verificare di avere la passione e l’interesse per farlo, perché può sembrare alle volte un lavoro molto leggero, quando in realtà non lo è. È vero che stiamo comodamente seduti su una sedia, però alle volte c’è anche la fatica di starci, no? E quindi l’essere pronti a incuriosirsi della mente dell’altro, delle caratteristiche dell’altro, delle storie dell’altro, sapendo che alle volte non sono storie facili, ma qualche volta sono storie cariche di dolore. Bisogna interrogarsi per capire se abbiamo la volontà di metterci in ascolto di storie anche molto complesse e difficili e immaginare quella dello psicologo è una professione che richiede anche tanto studio e tanto esercizio prima di arrivare alla professione stessa.
Click
Ok, adesso passiamo alla vita emotiva degli studenti. La prima cosa che vorremmo chiederle è se pensa che tutti gli studenti debbano avere una consapevolezza emotiva dei problemi che sorgono in questa fase della loro vita e quali consigli si sente di dare per aiutarli e riuscire a superarli.
Psicologo
Naturalmente le problematiche emotive possono essere davvero tantissime, no? Dalla relazione con i propri genitori, alla relazione con i pari, alle relazioni con i docenti. Quindi sono tante le problematiche che un adolescente può affrontare, anche perché gli adolescenti, quindi anche voi, stanno vivendo un momento di grandissima trasformazione, non solo psicologica ma soprattutto fisica, emotiva, nel percorso verso l’età adulta. Perciò le sfide sono davvero tantissime.
Ognuno si trova alle volte a gestire delle emozioni molto intense, alle volte molto dolorose, alle volte si hanno dei pensieri che come delle nuvole nere attraversano la nostra mente e bisogna cercare in qualche modo di affrontarle. In questo caso, quando qualcuno sente un forte peso sul cuore caratterizzato da delle emozioni negative o dei pensieri che alle volte fanno paura o mettono preoccupazione, rivolgersi allo sportello psicologico è forse la cosa migliore che si possa fare per trovare un confronto con uno specialista.
Ovviamente i problemi della vita sono tanti, la società è sempre più complessa e quindi l’adolescenza di oggi è sicuramente un’adolescenza molto diversa da quella che ho vissuto io o da quella che hanno vissuto anche tanti i vostri docenti e i vostri genitori. Perciò ci sono delle sfide che caratterizzano anche questo tempo specifico. Quali consigli posso dare ai ragazzi per aiutarli a superare i momenti bui di questa età? Sicuramente dei consigli in un’intervista come questa possono essere molto generici perché ogni problematica avrà sicuramente una sua indicazione per trovare un’uscita.
Sicuramente il primo consiglio è quello di trovare qualcuno di cui ci si fidi perché alle volte siamo portati a pensare che i problemi li dobbiamo risolvere da soli o che nessuno ci capisca, quindi non chiediamo aiuto. Però in realtà nessuno di noi riesce ad affrontare dei problemi come quelli di natura emotiva da solo, perché evidentemente se certi pensieri si stanno ripresentando è perché dobbiamo fare qualcosa di diverso da quello che abbiamo fatto fino ad oggi. E naturalmente iniziare a parlare con un buon amico, con un professore può essere il primo passo.
Poi, laddove si vogliono trovare delle risposte o si ha la volontà di cercare delle soluzioni, rivolgersi a un professionista della salute mentale e del benessere psicologico quale appunto è lo psicologo è il consiglio migliore che si possa dare a un ragazzo o una ragazza che vuole risolvere qualcosa che in quel momento lo sta facendo soffrire.
Click
Lei prima ha detto che in questa età, oltre a una trasformazione verso l’età adulta, ci sono anche una serie di emozioni forti, positive e negative. A questo punto ci viene da chiedere, dato che in questa età c’è anche la scoperta verso la prima esperienza sessuale, quale secondo lei è l’età giusta per avere questo primo pensiero, per avere l’idea del primo rapporto sessuale e che consigli si sentirebbe di dare a un ragazzo o una ragazza magari inesperto verso tale ambito.
Psicologo
Il pensiero sulla sessualità, dove con sessualità intendiamo sicuramente un rapporto sessuale ma anche l’amore in generale, è un pensiero che ci accompagna in realtà da età molto precedenti, quindi già dalla scuola media iniziano a esserci i primi impulsi, le prime attrazioni, le prime grandi cotte.
Se invece parliamo di romanticismo, questo è un pensiero che in realtà viene anche dalla scuola primaria, dove ognuno di noi si ricorda (e anche voi immagino) le prime cotte tra i banchi di scuola, il voler essere con la compagnuccia, il compagnuccio, il dirsi fidanzati. Naturalmente tutto questo nasce in maniera molto ludica quando si è bambini, ma prende una forma diversa quando si entra nell’adolescenza. In adolescenza il vostro corpo cambia, i vostri interessi cambiano, le vostre emozioni cambiano e tra queste, naturalmente, c’è alle volte il desiderio di trovare il piacere nel proprio corpo e nel corpo di un’altra persona, magari una persona che amiamo, perché poi una delle grandi emozioni che si scopre in questo periodo è l’amore romantico in chiave adolescenziale.
Questi sono argomenti che ci attirano con grande curiosità, sono però alle volte anche esperienze che desideriamo, ma allo stesso tempo magari ci spaventano, perché mettersi a nudo davanti a una persona non è solo una questione fisica, ma è soprattutto una questione emotiva: quindi è mettere a nudo se stessi e magari una persona ha paura di questo, ha paura di non riuscire, ha paura di non trovare una persona in grado di amarla o ha paura di non essere in grado di amare qualcun altro.
Il consiglio è quello di avere un po’ di coraggio, perché effettivamente le relazioni sentimentali e la sessualità in generale richiedono proprio di abbandonare parte dei propri limiti per abbracciare anche parte dei propri confini per abbracciare poi i confini di qualcun altro. E ripeto, alle volte questo fa paura, alle volte questo mette disagio, alle volte mette anche nella mente delle grandi domande a cui noi cerchiamo di rispondere con dei percorsi di educazione affettiva e sessuale. Perciò, se da una parte ci vuole un po’ di coraggio, dall’altra parte quando avete delle domande e delle perplessità, dei dubbi, chiedete anche qui ancora una volta o ai vostri docenti o, se i vostri docenti non si sentono a darvi delle risposte, sicuramente potete anche venire allo sportello psicologico per parlarne.
L’amore e la sessualità sono due dimensioni della nostra vita che si incontrano in adolescenza, alle volte anche facendo degli errori, però vanno affrontate, vanno vissute con coraggio e anche con serenità. Se parliamo poi di sessualità in senso molto stretto, cioè di fare la sessualità, quello che consiglio sempre ai ragazzi e alle ragazze è quello di proteggersi soprattutto dal punto di vista della salute, perché i dati ci raccontano a livello epidemiologico che in questi anni sono aumentate la trasmissione di malattie sessualmente trasmissibili tra adolescenti, questo proprio perché non c’è un’educazione all’utilizzo del condom e anche nei confronti di eventuali esiti di una sessualità non protetta, come ad esempio una gravidanza indesiderata.
Sull’aspetto dell’amore devo dire che ognuno lo vive un po’ a modo suo, perché quando ci si sente attratti e quando si ama una persona quello il cuore che te lo dice.
Per quanto riguarda il momento giusto per la sessualità invece, rifacendomi alla vostra domanda, devo dirvi che anche lì non c’è un’età giusta in cui iniziare la propria sessualità e quindi fare sesso con qualcuno. Bisogna sentirsi pronti: il più delle volte non è un sentirsi pronti fisicamente, ok?, ma è sentirsi pronti emotivamente.
Perciò quando una persona sente che accanto a sé ha una persona giusta con cui fare questa prima esperienza, bene, può farla, ma bisogna sentirlo dentro. Se c’è invece una persona con la quale abbiamo una relazione o c’è una frequentazione che ci spinge in questo ma non ci sentiamo pronti, direi che allora non è il momento giusto. È il nostro cuore che ce lo suggerisce.
Click
Adesso passeremmo a domande riguardanti diversi metodi terapeutici, come ad esempio i videogiochi: molti tendono a demonizzare, altri li considerano anche un modo un po’ terapeutico. Lei come vede questo ambito?
Psicologo
Se parliamo di videogiochi e magari ci inseriamo dentro anche i social media più in generale, in realtà effettivamente il dibattito è molto forte tra chi vorrebbe totalmente abolirli e chi invece dice che non fanno niente.
Secondo me ci vuole un atteggiamento di grande cautela. Bisogna capire che tutti gli strumenti, quelli informatici, dai videogiochi fino ai social media, hanno del potenziale, ad esempio quelli di mettere in contatto le persone e quindi di sentirsi meno soli, di avere compagnia, di dedicarsi anche a un’attività piacevole come appunto quella del gioco. Perciò hanno sicuramente un valore importante perché soprattutto per chi è isolato, per chi si sente solo, per chi magari fa fatica ad avere degli amici. In tal caso, intraprendere un’attività via social o con i giochi online può ridurre la solitudine e quindi aumentare il benessere. Alle volte magari ci si può identificare anche in qualche avatar che può avere delle caratteristiche positive e questo ci insegna magari di essere più forti, più coraggiosi, più sereni.
D’altro canto però bisogna anche capire che approcciarsi al mondo dei videogiochi o dei social media con delle motivazioni che potrebbero essere quelle di distanziarsi dalla realtà, non sentire le emozioni, allontanarsi dai problemi e dallo stress della vita quotidiana, può generare il rischio di innescare un meccanismo di dipendenza che in realtà comporta poi dei seri problemi per la nostra salute psicofisica. Perciò direi che non c’è una risposta univoca, tutto dipende dall’utilizzo che noi ne facciamo.
Per rimanere sempre aggiornati sui metodi terapeutici, alcune volte anche gli animali da compagnia vengono considerati dei modi terapeutici: anche solo carezzare, o vedere animali (io ad esempio ho due gatti) può magari rallegrare la giornata.
Click
Consiglia magari portare un animale di compagnia a scuola o comunque un animale di compagnia per la scuola? Può essere secondo lei un modo per rendere più felice la vita degli studenti?
Psicologo
Esiste la pet therapy, che appunto è uno strumento di intervento che viene utilizzato con bambini, con adolescenti, ma anche con gli anziani, e in generale con persone che hanno dei bisogni relazionali. In questi casi il rapporto con un animale, tendenzialmente un animale d’affezione, può fare del bene: effettivamente l’interazione, il prendersi cura, il contatto sono cose molto importanti. L’abbiamo sperimentato anche durante gli anni del Covid, ho dimostrato in una ricerca come ad esempio la frequenza del contatto fisico tra bambini e compagni ed insegnanti, dove per contatto fisico intendo proprio la carezza, la stretta di mano, l’abbraccio, fosse importante per permettere ai bambini di sviluppare una più positiva regolazione emotiva.
Questo può avvenire naturalmente anche tramite un contatto con animali d’affezione, quindi che veicolano cura, vicinanza, tenerezza. C’è stata qualche sperimentazione nel portare gli animali in differenti contesti: in ospedale ad esempio, dove magari abbiamo adolescenti ricoverati per patologie croniche o anche importanti, è stato molto utile. Qualcuno ha fatto delle sperimentazioni portando degli animali anche proprio nelle classi, un po’ come suggerite nella vostra domanda, trovando che ad esempio incrementano i livelli di benessere e felicità dei bambini e degli adolescenti.
Quindi l’idea potrebbe essere anche utile: è però magari poco praticabile, direi. Ho visto classi far morire delle piante o dei pesciolini rossi, quindi ecco, forse qualche domanda me la faccio. Bisognerebbe organizzarsi molto bene, quindi stabilire chi si prende cura dell’animale. Ma in linea di principio esperienze simili possono essere utili. È una cosa che mi sembra che venga fatta in America ad esempio. In America sì, con magari degli animali che non sono proprio cani.
Click
Alcune volte, alle persone che stanno troppo al telefono o ai videogiochi, i professori o i genitori dicono: “Vai a leggere un buon libro!”. Non può però anche la lettura trasformarsi in una forma di isolamento ed estraniamento dalla realtà?
Psicologo
Quando vedono le vignette delle persone sul treno con lo smartphone, penso che, andando indietro negli anni, semplicemente le persone aprivano il giornale e non interagivano comunque con gli altri.
Però è vero che il libro, così come il giornale, ti dà comunque una ricchezza in più. Nel senso che non rovina così tanto gli occhi, ti permette di viaggiare in mondi diversi, sviluppare delle conoscenze, sviluppare anche la fantasia, perché magari mentre stai leggendo un racconto inizi a immaginarti i tuoi personaggi, i tuoi luoghi, i tuoi contesti, cosa che invece il videogioco ti toglie molto. Magari puoi scegliere l’abitino del protagonista di quel gioco piuttosto che l’ambientazione, però non è che puoi la creare realmente tu.
Click
Sicuramente per alcuni il gioco è un modo anche di evadere dalla realtà, però è anche un’attività che intellettualmente è molto impegnativa e può essere stimolante.
Vorremmo chiederle anche un’altra cosa: un mito orientale che dice che l’uomo ha diverse maschere e che non libera mai se stesso. Questo aneddoto rimanda al concetto di identità e spinge a riflettere. Che cosa è per l’identità di un individuo?
Psicologo
L’identità è un costrutto davvero molto complesso da definire, però l’identità è l’insieme delle caratteristiche che l’individuo attribuisce a se stesso. Noi, quando parliamo di identità, parliamo di tutta quella serie di caratteristiche, di modi di essere, di storie, di racconti che attribuiamo a noi stessi.
Una persona nel suo complesso ha differenti sfaccettature nella sua identità. C’è ad esempio un’identità sociale, quella che risponde alla domanda: chi sono io in questa società? Sono uno studente? Sono uno psicologo? Sono un ricercatore? Sono un insegnante?
Oppure, chiediamoci: c’è un’identità culturale? Qual è il patrimonio di conoscenze che mi derivano dal mio ambiente culturale, perché sono nato in questa situazione o perché magari provengo da un mondo lontano e non integro la mia identità con nuove esperienze? C’è un’identità lavorativa? Che tipo di professionista sono?
E poi ci sono identità che riguardano caratteristiche più intime e personali: c’è un’identità sessuale? Cosa mi piace? Di chi potrei più facilmente innamorarmi? Chi sono io? Che caratteristiche ho? Quali sono i miei interessi? Quali sono le mie passioni? Quali sono i miei sogni e le mie aspettative?
Quindi l’identità di una persona è un costrutto davvero molto complesso, ma che rimanda sostanzialmente all’insieme di caratteristiche e di esperienze che l’individuo attribuisce a se stesso.
Click
Chiudiamo con l’ultima domanda, magari una che possa essere utile per gli studenti, visto che in molti vivono problemi legati all’ansia. Ha qualche consiglio su come gestire l’ansia, quella di prestazione riguardo a verifiche, interrogazioni, ma anche l’ansia in generale?
Psicologo
Devo dire che l’ansia è una delle motivazioni per cui molto spesso le persone vengono qui, allo sportello. Ci sono diverse forme di ansia naturalmente.
C’è un’ansia più generalizzata, quella che ci viene un po’ per tutto. C’è un’ansia magari più sociale, per cui ho paura di espormi davanti agli altri o di parlare davanti agli altri, perché magari ho paura del loro giudizio. C’è un’ansia da prestazione, quindi temo di prendere un brutto voto perché chissà cosa diranno a casa, chissà cosa penseranno i professori, chissà cosa penserò io di me stesso, ad esempio, perché ci sono persone che sono molto severe con se stesse, anche ingiustamente.
Penso ad esempio a chi vuole prendere 10 in tutte le materie. Io dico sempre: ma è bellissimo andare a scuola e andare bene in tutte le materie, ma qual è poi il tuo interesse? Ci sta che magari ti appassioni e ti impegni di più in una materia piuttosto che in un’altra, perché magari una materia ce l’hai più nel cuore dell’altra. Però, ciò nonostante, c’è appunto spesso una forte ansia relativa all’ambiente scolastico, ed è un’ansia legata anche alla prestazione, quindi al voto che io ottengo.
Ecco, il mio consiglio è quello di considerare davvero che cosa muove quell’ansia, cioè chiedersi di che cosa davvero hai paura, che cosa davvero ti preoccupa, quali sono i pensieri che questa ansia attiva, ok? E se scopri ad esempio che le cose non vanno bene, magari se scopri ad esempio che in qualche situazione puoi anche fallire, perché possiamo fallire nella nostra vita, non è un’esperienza che ci è negata, allora chiediti: questo cosa significa per te? Bisogna quindi chiederci che cosa ci preoccupa davvero quando ci arriva l’ansia e se quella cosa che ci preoccupa è davvero così razionale, come magari pensiamo quando abbiamo la sintomatologia ansiosa.
Naturalmente poi il mio consiglio è sempre quello di parlare con uno specialista quando si sente che l’ansia non è gestibile. Però mi viene anche da dire: attenzione, perché l’ansia non è un’esperienza che dobbiamo necessariamente cancellare dalla nostra vita. L’ansia è qualcosa di normalissimo, è qualcosa che accade nelle nostre vite, l’ansia ci segnala che quella cosa che stiamo facendo è per noi importante, è qualcosa a cui dobbiamo prestare attenzione, magari è qualcosa di impegnativo e pericoloso, ma una certa dose di ansia è normale averla. Diventa patologica quando non ci permette di affrontare le sfide della vita, magari quando ci costringere a chiuderci in casa o a saltare la scuola per evitare delle verifiche, ok? Allora in quel caso direi che chiedere aiuto a uno specialista è la cosa migliore da farsi.
Click
Grazie per il suo tempo. Le auguriamo una buona giornata.
Psicologo
Anche a voi.
Intervista a cura di Anita Barresi, Federico Beretta, Nadia Brioschi, Kavin Kantharaj