Giovani tra i banchi… e dietro la cattedra: intervista a Gianmarco Della Cioppa, uno dei docenti più giovani della scuola
In questa intervista abbiamo avuto il piacere d’intervistare uno dei docenti più giovani della nostra scuola, Gianmarco Della Cioppa, arrivato da pochi mesi ma già capace di lasciare il segno tra colleghi e studenti. Con grande disponibilità, ci ha raccontato il suo percorso, le sfide del mestiere e il modo in cui vive quotidianamente il rapporto con gli alunni, cercando di costruire un ambiente scolastico più umano e meno distante. Ne è emerso un ritratto autentico di un insegnante che, con passione e spirito critico, affronta ogni giorno l’avventura dell’insegnamento. Ecco a voi l’intervista…
Buongiorno prof, volevamo intervistarla perché lei è un nuovo docente e in questa scuola è uno dei docenti più giovani. Che cosa l’ha spinta a diventare insegnante e intraprendere questa strada?
La risposta più sincera sarebbe “lavoro”, e basta. Però, quando ho iniziato a lavorare sul serio nella scuola, soprattutto nei primi anni, mi sono reso conto che sono sempre stato una persona molto più socievole rispetto a quelle di cui mi circondavo. Così mi sono accorto che, effettivamente, fare il docente è la strada giusta per me. Credo di poter essere una persona molto sociale, in un certo modo posso anzi dire che essere una “bestia sociale” di un certo livello potrebbe essere un vantaggio in questo lavoro.
Un’altra domanda che le volevamo fare è: quali sono le principali differenze che ha notato tra essere uno studente e un insegnante?
La differenza principale è sicuramente dove mi trovo seduto. Quando sei dall’altra parte della cattedra, si vedono e si sentono cose che come studenti non si notano. Come dicono anche i miei colleghi più anziani, come dicevano anche i miei professori: quando sei dall’altra parte vediamo e sentiamo tutto, sappiamo tutto. Queste sono le principali differenze, almeno per me. Poi, per quanto mi riguarda, è sempre stato un lavoro, quindi cerco di non concentrarmi troppo sulle differenze, ma di svolgere il mio compito al meglio.
E come gestisce le relazioni con gli studenti?
All’inizio è stato difficile, perché ho iniziato a 21 anni, quindi mi sono trovato a lavorare con alunni che erano miei coetanei, a volte anche in classi quinte, per cui erano praticamente come i miei ex compagni di classe. Inizialmente è stato complicato, ma con il tempo ho capito che, pur essendo più giovane, posso essere una figura di riferimento. Cerco sempre di comportarmi come un fratello maggiore, pur mantenendo la distinzione tra professore e alunno. Quindi, anche se siamo giovani, io sono comunque il docente ed esercito un lavoro mentale per mantenere la giusta distanza.
Secondo lei, quale sarebbe un modo per migliorare il sistema educativo scolastico?
Sistemare il sistema educativo scolastico è complicato. C’è la “vecchia scuola” che, secondo me, sta affondando come il Titanic, in contrasto con la “nuova scuola”. E poi ci sono i professori giovani come me, che cercano di insegnare in modo più socievole, più aperto, più rispettoso. C’è questo scontro generazionale, non tanto per l’età, ma per l’approccio al lavoro. Se dovessi migliorarlo, cercherei di rendere il rapporto tra docente e studenti più socievole, meno distante. Non bisogna stare troppo in alto sul podio da professore, bisogna essere più vicini agli studenti.
In merito al rapporto tra docente e studente, ha parlato di un approccio più socievole.
Come si sta comportando personalmente nel suo lavoro per instaurare questo tipo di relazione?
Cerco sempre di non mettermi sullo stesso livello degli studenti, non perché mi senta superiore, ma per mantenere il rispetto e la serietà dell’ambiente scolastico. Mi comporto, come vi ho detto, come un fratello maggiore, cercando di dare consigli e supporto, ma sempre ricordando che sono il docente e non un semplice amico. È difficile farlo capire, perché a volte gli studenti pensano che, essendo giovane, posso abbassarmi a un livello più informale, ma bisogna sempre mantenere un certo distacco. Non voglio che i ragazzi vedano la scuola come un luogo dove non ci sono regole. Quindi cerco di essere sia un amico che una figura di autorità, a seconda delle circostanze.
Ora che è arrivato in questa scuola da pochi mesi, come vede il suo ruolo nel far crescere i ragazzi? Come affronta il passare del tempo con loro?
Il tempo passa velocemente, e te ne accorgi solo quando incontri ex studenti che ormai sono cresciuti. Anche se inizialmente non ci pensi, mi è capitato di incontrare ragazzi che ho avuto in prima, ora in quarta, e vedere come sono cambiati. È un’esperienza che ti fa capire quanto il tempo voli, ma è anche bello vedere la crescita dei ragazzi, vedere che hanno imparato qualcosa.
Invece, come si trova con i suoi colleghi? Pensa che la differenza di età e di esperienza possa aiutarvi reciprocamente in qualche modo?
All’inizio, come giovane collega, è stato difficile, perché inevitabilmente c’è sempre qualcuno più grande o con più esperienza. Ma ora, a distanza di tempo, posso dire che i miei colleghi sono davvero bravi, e ho imparato molto da loro. La differenza di età, sebbene esista, non è un ostacolo. Bisogna semplicemente dimostrare che sai fare il tuo lavoro, che rispetti gli altri e ti comporti correttamente. Una volta stabilito il rispetto, il resto viene da sé. Tutti i colleghi che ho incontrato in questi anni mi hanno insegnato qualcosa, in modo positivo o anche più critico. Ogni collega ha dato un contributo alla mia crescita professionale e personale. In questo lavoro è importante non pensare mai di sapere tutto, perché c’è sempre qualcosa da imparare. Non solo dai colleghi, ma anche da chi lavora con te, come il personale ATA. Ogni esperienza ti insegna qualcosa.
Prima di diventare docente, aveva mai pensato di fare altro? O è sempre stato convinto di intraprendere questa carriera?
No, non credo che si debba avere un solo obiettivo nella vita. È importante avere diverse opzioni, altrimenti ci si limita troppo. In passato ho fatto tanti lavori, come il pizzaiolo, l’orefice, ho lavorato in azienda… ho fatto tante esperienze diverse. Cercare la propria strada non è facile e per un po’ non sapevo cosa avrei fatto. Quando ho deciso di diventare docente, ho pensato che sarebbe stato un buon lavoro, ma mi sono anche reso conto che è difficile, perché bisogna gestire i ragazzi e il rapporto con loro. Prima, non avevo mai pensato che la vita da insegnante fosse così complessa.
Quali sfide si aspetta di affrontare nel futuro, nella sua carriera da docente?
Le sfide sono inevitabili, soprattutto con le diverse classi che dovrò affrontare. Ogni classe ha una dinamica diversa, e questo rappresenta una sfida per me. Ma credo che la vera sfida sia sempre con se stessi: imparare a migliorare, a gestire meglio le classi, a comunicare più efficacemente. Le sfide più grandi le affronterò internamente, cercando di fare sempre meglio.
Parlando di futuro: cosa ne pensa dell’intelligenza artificiale, che ultimamente viene usata molto dai ragazzi?
L’intelligenza artificiale è uno strumento che inevitabilmente diventerà sempre più comune. Non c’è niente che possiamo fare per fermarla, ma, anzi, potrebbe essere un bene se usata correttamente. Il problema è che molti studenti la utilizzano per farle fare tutto al posto loro, e questo diventa un po’ inutile, perché non stimola il ragionamento. Usata in modo giusto, però, è sicuramente uno strumento valido. Anch’io la utilizzo, sia per lavoro che per altre cose personali. È importante usarla con criterio, però, altrimenti si rischia di diventare pigri e non riflettere più sulle cose.
L’ultima domanda: è difficile bilanciare il lavoro da insegnante con la vita privata?
Secondo me dipende molto dal modo in cui ti comporti con i colleghi e gli studenti. Per quanto mi riguarda, riesco a bilanciare abbastanza bene il lavoro e la vita privata, perché il mio lavoro mi dà molte soddisfazioni. Il lavoro scolastico, rispetto ad altri lavori, ti permette una certa libertà, soprattutto per quanto riguarda gli orari. Chiaramente, dipende anche dalla situazione individuale, ma per me è un equilibrio gestibile.
La ringraziamo per aver partecipato all’intervista e per averci dato il suo punto di vista sul mondo della scuola.
Intervista a cura di Riccardo Capizzi, Edoardo Bottazzo, Francesco Morandi, Nicholas Gregio, Luca Brigo.