LABIRINTO – Dalla mente alla carta
Esperienza e ispirazione non paiono essere così distinte come sembra, eppure è complicato illustrarvi questa relazione così amalgamata.
In questo istante mi sento bloccato. Sono nel mezzo di un concorso artistico: nonostante io sappia esattamente cosa rappresentare e come farlo, non ci riesco. La testa scotta, la fronte scoppia e le mani tremano: è assenza di ispirazione questa? Oppure un debilitante straripamento?
Un cataclisma distruttore di tutte le creazioni che porto da lì a qui. Un sassolino, anzi un granello di sabbia che blocca un oceano burrascoso, nato da idee che non vedono l’ora di realizzarsi. Ho un gran mal di testa ora, credo che non potrò fare nulla da oggi a una settimana, forse due…
Ora che sono tornato, riprendiamo. Dovrei parlarvi di ispirazione, ma prima vorrei farvi conoscere la creatività. Un viaggio che, a pensarci, è a dir poco paradossale. Ve lo mostro subito: quando sono colpito e ispirato, in quanto creativo, tendo a disegnare, scrivere e creare, ma farlo è un processo mentale indescrivibilmente complesso.
Si tratta infatti di un procedimento che sembra mutare a ogni nuova occasione. Alcune volte, so “architettare” logicamente la mia idea, costruendola senza basi, ragionando consciamente e cercando con pazienza gli elementi ispiratori, le fondamenta dalle quali evolve l’idea. Sì, è un’idea che esce bene e che posso realizzare con i nuovi elementi trovati grazie a ricerca e studio, e anche con un piccolo pezzo di me. In altri casi, la mia mano si muove da sé. Un’ispirazione che sorpassi ogni logica, dove un cervello umano, meccanicamente parlando, non può arrivare consciamente, inconscio per definizione.
La mia teoria sul fenomeno delle ispirazioni, detto anche processo creativo, è che quando dei concetti più grandi di te prendono una forma troppo complessa che va al di fuori delle tue capacità di poterle rendere effettivi componenti reali, rimanendo dunque astratti, diventano fondamenta immobili che danno forma a dei muri. In una maniera permanente, cambiano il modo in cui si può vedere il mondo.
Vorrei farvi un esempio. Immaginate un’ape che, per assurdo, riesce a vedere una montagna alta qualche chilometro, dalla base alla cima. Per un’ape, sarebbe già immenso il concetto di “albero”, eppure, esistono cose più grandi degli alberi, e anche cose più grandi delle montagne. Il concetto stesso di “grandezza” viene iconografato in immagini di questo genere e, in una maniera più o meno differente, cambia la tua visione sul mondo. L’esperienza della nostra vita è sempre condizionata da concetti e pregiudizi, che sono derivati da esperienze di vita…
La natura delle mie ispirazioni è spiegabile con l’esempio appena rappresentato, da questa logica completamente disconnessa dal funzionamento anatomico-meccanico del cervello umano. Rimane comunque insolito provare la sensazione di non sapere cosa si stia facendo, ma essere sicuri che qualcosa stia venendo trasferito da mente a carta, qualcosa che va oltre il semplice lavoro.
Vedere ultimato un concetto astratto su un foglio, in una ricetta culinaria inventata e messa in pratica, in musica senza forma o in parole senza suoni, come vedere una parte di te che non trovi nemmeno nello specchio, è una soddisfazione senza pari.
Posso dirvi con certezza che immaginare è come entrare in un labirinto con un filo che alcune volte vedi e altre no e “naufragare in questo mare mi è sempre dolce.”
Daniele Donadoni