GRAND BUDAPEST HOTEL Recensione di Samuel Venturini, vincitore del concorso Piccolo Grande Cinema
Con questa recensione del film GRAND BUDAPEST HOTEL (USA, 2014, Wes Anderson), Samuel Venturini della 4^B dell’Einstein ha vinto il concorso che gli permetterà di partecipare come giurato al festival “Piccolo grande cinema” organizzato dalla Fondazione Cineteca Italiana di Milano.
La prima cosa che colpisce uno spettatore che si accosta alla visione di “The Grand Budapest Hotel” è sicuramente quella cura estetica nella costruzione dell’inquadratura a cui il regista Wes Anderson ha sempre dato una grande importanza. Questa cura maniacale per l’estetica e per le composizioni geometriche non è fine a sé stessa, ma è un mezzo fondamentale che aggiunge fascino alla pellicola e stupisce lo spettatore, immergendolo in una sorta di nuovo mondo diverso da quello a cui è abituato. Ogni singola inquadratura è costruita infatti in modo da apparire perfetta: dalla scelta dei colori, alla disposizione dei corpi, sino al più piccolo dettaglio.
Sono inoltre presenti numerosi omaggi al cinema classico che traspaiono sia dal tipo di comicità presente nel film, sia dall’aspect ratio che varia, di volta in volta, adattandosi all’epoca in cui si sta svolgendo la storia, sia nelle soluzioni fotografiche a essa collegate: i colori accesi e l’aspetto fiabesco del lussuoso albergo degli anni 30’ in cui è ambientata la vicenda di Moustafa si trasformano in tonalità spente e in pareti ormai rovinate dal passare degli anni nell’albergo degli anni 60’, decadente e prossimo alla demolizione.
Questo tipo di messa in scena, gli eccentrici personaggi che popolano l’albergo e le loro avventure costituiscono le basi di un’elegante commedia a tinte tragiche caratterizzata da un armonioso montaggio che alterna scene di immobilità assoluta dei personaggi, talmente perfette da sembrare fotografie, a scene estremamente dinamiche, ottenendo così un perfetto equilibrio nel ritmo.
“Grand Budapest Hotel” si fa forte, inoltre, del suo lato più leggero, ovvero quello più comico, per mascherare alcuni aspetti estremamente seri, come la condanna alla guerra, aggiungendo quindi spessore a un già eccellente lavoro tecnico e per ospitare infine, tra le sale del fantasmagorico Hotel, una dolce e al contempo malinconica visione della vita.
Samuel Venturini