IO NON HO PAURA di Niccolò Ammaniti. Il coraggio di essere bambini
Cosa permette a un bambino di sfidare le proprie paure? Cosa lo porta ad andare contro il mondo degli adulti pur di salvare un amico? Attraverso il punto di vista di Michele Amitrano, il giovane protagonista del romanzo di Niccolò Ammaniti, proviamo a rispondere a queste domande, approfittandone per inviare a tutti un messaggio di speranza: non abbiate paura!
Caro Filippo,
Come stai? È da molto che me chiedo. Io sto bene, diciamo. Provo ancora dolore a causa della cicatrice, ma non è quello a farmi male: sono i ricordi a essa legati.
In questo momento sono a casa ammalato e quindi ho trovato il tempo di scriverti, mamma dice che guarirò presto!
Ripenso spesso a come ci siamo conosciuti, sai? Me ne stavo là con i miei amici e mia sorella Maria. Proprio a causa di mia sorella ero rimasto indietro nella gara che stavamo facendo su per la collina.
Il Teschio, uno dei miei amici, diede da fare la penitenza a Barbara Mura, ma io mi offrii di farla al posto suo. La penitenza consisteva nell’entrare in quella casa abbandonata, quella dove eri stato nascosto. Nessuno sapeva che eri lì, o meglio, nessuno di noi lo sapeva…
Ti trovai lì, sotto quell’accumulo di foglie. Credevo ci fosse un tesoro, invece trovai te. Avevo paura di te, pensavo fossi un mostro. Invece eri un bambino, esattamente come me.
Quella sera continuavo a pensare alle streghe e ai mostri che ti avrebbero fatto del male… avrei dovuto essere più realistico. Arrivai a pensare che tu fossi il mio fratello pazzo, pensavo fossi morto, ma quella non era la morte e quello, no, non era il paradiso.
Avrei voluto tornare da te solo un paio di volte, ma poi c’era sempre qualcosa che mi spingeva a tornare il giorno dopo.
Il tuo nome l’ho scoperto per caso, alla televisione. C’era una tua foto, eri molto diverso, ma ti ho riconosciuto subito. C’era anche tua madre, piangeva mentre parlava di te e pregava per riaverti a qualunque somma di denaro.
Come ho detto, venivo da te sempre, fino a quando il mio amico Salvatore ha fatto la spia a causa di una stupida “lezione di guida”, se così si può chiamare, da Felice. Felice lo conosci bene, lui è il signore dei vermi.
Papà mi aveva fatto giurare che non sarei mai più venuto da te, dovevo dimenticarti, ma non potevo farlo. Ti avevo promesso che sarei tornato. In quei giorni non sapevo se fossi vivo o morto, il che mi faceva impazzire, perché io mi stavo prendendo cura di te, stavo facendo del mio meglio, mi sentivo un po’ come mia mamma quando dà a me e a mia sorella da mangiare.
Avevo capito che papà c’era dentro fino al collo in questa storia e con lui il suo amico Sergio, Felice e molta altra gente. Ora la mia unica preoccupazione era mantenere la promessa e salvarti, anche se avrei disobbedito a mio padre.
Lo so che ne ho pagato le conseguenze, ma almeno non è morto nessuno. Inoltre, tu sai chi è stato a farmi più male… ora papà continua a regalarmi oggetti inutili e a portarmi al mare, il che è molto bello, ma mi sento come se potesse avere un fucile sempre con sé, mi sembra uno sconosciuto, qualcuno che vuole comprare il mio affetto, mi sembra Sergio… di lui e degli altri, però, non ho più paura. Provo per loro una sensazione che si avvicina allo schifo mischiato alla rabbia.
Soprattutto mi chiedo ancora perché sia successo tutto questo. Nessuno vuole ancora spiegarmi niente.
Vorrei cambiare città da grande, e vivere con mia madre e mia sorella. Magari, se venissi più a nord potrei vederti!
Ecco, ti ho detto tutto. Ho capito di volerti davvero bene, e tutto quello che ho fatto lo rifarei.
A quando sarò più grande,
Michele Amitrano
Laura Vanzulli, Susanna Ventura